venerdì 30 marzo 2012

L’Estaque

 

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Paul Cézanne, L’Estaque, 1885
Parigi, Museo d’Orsay

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ALLEN GINSBERG

I PORTI DI CÉZANNE

In primo piano scorgiamo il tempo e la vita
travolti in una corsa
verso il lato sinistro del dipinto
dove l'onda incontra l'onda.

Ma quel punto d'incontro
non è rappresentato;
non ha luogo sulla tela.

Nell'altro lato della baia
ci sono il Cielo e l'Eternità,
con una tetra foschia bianca sulle montagne.

E l'acqua immensa di L'Estaque è un mediatore
per le minuscole barche a remi.

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(Grazie a Beatrice Orlandini per la segnalazione)

giovedì 29 marzo 2012

Julie Manet e il suo levriero Laerte

 

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Berthe Morisot, “Julie Manet e il suo levriero Laerte”
Parigi, Museo Marmottan

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BEATRICE ORLANDINI

IDEALIZZAZIONE DI JULIE MANET

La pioggia sbava i visi
maschera di cenere.
I capelli stanchi
e i tuoi occhi soltanto
soli nell’ombra come larghi laghi
dilagarono un giorno...
La pioggia è rammollita neve sciolta
infiniti specchi grigio riso sull’asfalto dopo i matrimoni:
lo stesso mare di altre isole dorate.
E i tuoi occhi soltanto
come buchi bianco secco di pelle di tela nella china
spessa, luce non assorbita,
luce non assorta.

 

© Beatrice Orlandini

mercoledì 28 marzo 2012

Golconda


Golconde

René Magritte, Golconda
Houston, The Menil Collection

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ERICH FRIED

MALINTESO DI DUE SURREALISTI

“Piove”
disse lei
“un uomo dal cappotto nero
passa per la via”
disse lei.
 
Magritte però
non la sentiva
più tanto bene
 
(infatti lei lo disse soltanto
anni dopo la morte di lui)
 
Così non sentì più
le ultime tre parole
e capì soltanto
“piove un uomo dal cappotto nero”
e lo dipinse.


(Un doveroso grazie a Beatrice Orlandini per avermi segnalato la poesia – estendo l’invito a chi volesse arricchire il Museo Poetico)

martedì 27 marzo 2012

Composizione con largo quadrato

 

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Piet Mondrian, Composizione con largo quadrato
rosso, giallo, nero, grigio e blu

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ALFONSO GATTO

NOTTURNO PER MONDRIAN

Più o meno,
croci armoniose
dell'alfabeto che non parla mai.
Di sé solo perfetto
cimitero di segni
l'infinito.

(da Osteria flegrea, 1962)

lunedì 26 marzo 2012

I cavalli innamorati

 

Aligi Sassu, I cavalli innamorati

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RAFFAELE CARRIERI

I CAVALLI INNAMORATI DI SASSU

Mai il nostro cuore fu più sonoro
Di musica terrestre:
I germogli i muschi le foglie
S'accordavan all'oro danzante
Dell'autunno silvestre.
Come cavalli in amore
Sospinti dai flutti
Il nostro furioso cuore
Crepitava al galoppo doppio
Nell'onda confusa degli occhi
Aperti come golfi.
Immoto era il falco
Sulla cima dell'olmo.
Batteva il tuo zoccolo
La fertile terra mia
Senza ferire la cicala
Che al mio canto s'univa
Nella ressa degli arbusti.
Mai morsi furono più teneri
Nella persica tardiva.
Disfatte erano le praterie
All'impetuoso roteare delle code:
Miscela di papaveri e ramarri,
Mulinelli di coralli.

Mai, mai più sentirò amore stormire
Tra le fulgide ginestre
Come l'acqua nel fuggire.

(da I cavalli innamorati di Sassu, 1973)

domenica 25 marzo 2012

Stanza d’albergo / 2



Edward Hopper, “Hotel Room”, 1931
Madrid, Museo Thyssen-Bornemitza

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JOSEFA PARRA

STANZA D’ALBERGO, 1931

(Edward Hopper)

Se c'era ancora una promessa
tra me e te, un’offerta
prolungata, una luce laggiù
da poter seguire;
se restava la speranza
- sebbene fosse una triste
piccola speranza -;
se anche le tue labbra
mai hanno pronunciato
la parola mortale che io desideravo,
o qualcosa che le assomigliasse,
penso che ancora avrei trovato
una ragione per aspettarti.
E chissà se il commercio di carne
non fu, in qualche modo, una promessa?

(da Alcoba del agua, Quórum, 2002)

sabato 24 marzo 2012

Autoritratto – Rembrandt

 

 

Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Autoritratto"
L’Aja, Mauritshuis

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ELIZABETH JENNINGS

TARDI AUTORITRATTI DI REMBRANDT

Ti sei confrontato con te stesso. Ogni anno
Le guance si riempiono, la pelle imbruttisce.
Tu non batti ciglio. Guardi fisso
In te, al di là di te. L'accuratezza del tuo pennello
Corre insieme all'autoconoscenza. Qui

L'umiltà è tutt'uno con il mestiere
Non c'è arroganza. L'orgoglio è lontano
Dall'introspezione. Fai galleggiare la luce
Proprio come vuoi. Il tuo viso è livido e ferito
Ma c'è rimasto ancora amore.

L'amore per l'arte e per gli altri. Fino alla fine
L'esperimento è continuato. Guardavi fisso oltre
La tua età, i tempi. Hai colto il passato
E lo hai moderato. Gli autoritratti capiscono,
E la vecchiaia può privarci,

Con cambiamenti sinceri, della paura della morte.
Guarda, una nuova angoscia. Là, il naso gonfio,
La tristezza e la gioia. Dipingere è respirare,
e tutto il buio è osato. Hai scelto
con cosa ognuno deve fare i conti.

(da Collected Poems, 1987)

venerdì 23 marzo 2012

Ninfee

 

Claude Monet, “Ninfee”, 1906
Chicago, Art Institute

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LAWRENCE FERLINGHETTI

LE NINFEE DI MONET TREMANO

Monet non ha mai saputo
che stava dipingendo le sue "Ninfee" per
una signora del Chicago Art Institute
che è andata in Francia e ha filmato
le ninfee di oggi
dal "Ponte a Giverny"
una foglia vi galleggia in mezzo
e il film ora tremola
all'ingresso con le sue visioni incorniciate
e un sottofondo di piano di Debussy
inondando con una nuova fluorescenza (fior-essenza?)
sale e sale
di ninfee

Monet catturò una Nuvola in uno Stagno
nel 1903
e colse un primo sguardo
delle sue ninfee
e per vent'anni tornò
ancora e ancora a dipingerle
cosa che adesso ci dà l'impressione
che galleggiava attraverso la vita su di esse
e sui loro riflessi
sui quali non sapeva
che avremmo avuto anche noi l'occasione
di riflettere

E neppure avrebbe potuto sapere
che John Cage avrebbe suonato
”Cello with Melody-driven Electronics”
stasera all'Università di Chicago
facendo tremare quelle Ninfee mutate in luce nera.

giovedì 22 marzo 2012

Stanza d’albergo / 1


Edward Hopper, “Hotel Room”, 1931
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza

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LARRY LEVIS

EDWARD HOPPER, HOTEL ROOM, 1931

La ragazza è ancora seduta sul letto,
Guarda giù. La stanza è così stretta e lei continua
A tenere i gomiti appoggiati sulle cosce nude,
Come se ciò la potesse aiutare.
Indossa, ora, solo una corta sottoveste arancione
Che scende fino alla vita ma non
Consola il suo corpo trascurato.
Dovrebbe dormire, adesso, a parte tutto.
E il suo volto, in ombra,
È più silenzioso di questo dipinto, di ogni
Dipinto: vi si legge la tristezza, bianco scafo
Di una nave che attraversa, lenta, le pietre di un molo,
Anche se non c'è oceano per mille miglia,
E fuori da questa stanza posso immaginare soltanto il Kansas:
Il suo grano, i silos anneriti, e, oltre,
Le pianure che ti guardano fisso finché
Un giorno tua madre, in ginocchio sulle esalazioni
Di un pavimento di legno, comincia a ridere forte.
Quando la visiti, vedi la stessa erba secca
Intorno al bordo del ricovero, e qualche falena,
Bianca e sfacciata, sui mattoni umidi, là,
Dove ora vive. Non ti
Riconosce mai.
Hai venduto la casa, e messo all'asta ogni cosa
Della casa, finché
Ti sono rimasti una borsa, un paio di scarpe nere
Adatte, e un bel vestito a fiori. C'è un assegno
Tra le tue mani e le ginocchia nude, per tutto —
La terra e il grano di cui non ti è mai importato,
Che non hai mai toccato, o perché.

*

Pensi alle curve, agli archi lenti e leggeri
Dei porti in California: Half Moon Bay,
Malibu, nomi che sembrano spogliarsi
Quando li dici, spiagge che restano bianche
Finché non ci vai. Eppure, hai trentacinque anni,
E non sei troppo vecchia per essere una donna sola,
Che viaggia verso ovest con una borsa sul suo grembo grigio
Mentre tutto il Kansas muore nel suo sguardo…

*

Ma non sei mai partita, non ti sei mai svegliata
Per andare giù per Grain Street fino alla stazione scintillante,
Non hai mai guardato fuori le rotaie gelide, non hai aspettato
Che il treno sbuffasse il suo fumo nero
Nel cielo come qualcosa di importante.
E adesso è troppo tardi per te. Adesso nessuno,
Sollevando il bavero contro il freddo
camminando a ridosso delle bianche facciate delle case,
Inondate da un sole pieno, sa perché
Hai continuato a sedere qui per quarant'anni, tutta sola,
Quasi fuori dal dipinto, mezza nuda.


(da The Dollmaker’s Ghost , Carnegie Mellon University Press, 1981)

mercoledì 21 marzo 2012

La camera di Arles

 

 

Vincent Van Gogh, “La camera di Arles”, 1888
Amsterdam, Van Gogh Museum

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LUCIANA BIANCHI CAVALLERI

LA "CAMERA DI ARLES”

Ha panni appesi e la finestra semichiusa,
letto sghimbescio e tavolino sulle ventitré
il giallo e l' ocra stemperati dall’assenzio:
verdi ed azzurri i muri, intatto il loro freddo.

Freddo anche il vuoto d’una presenza assente,
in quella sedia che s’accosta al letto e l’altra
che disposta in primo piano chiede, senz’avere,
ospiti altri che il tocco della tavolozza amata.

Pennelli posati alla rinfusa: tra le poche cose
che donano colore all’esistenza, i quadri appesi
storti ed incombenti, come la vita gelida e negata
che vi si racchiude e ti ha rinchiuso - qui e altrove.

La prospettiva è strana e molto personale
e la finestra rimane semichiusa: sottintendendo
un limite assillante, vissuto e non compreso
che t'assale  - e si dissolve, assolo, nel colore.

Incorniciata voce, tuo messaggio:
emblema d'una vita impresso in tela.

           

                                             (© Luciana - novembre 2006)

 

http://www.lucianabianchicavalleri.com/2008/04/la-camera-di-arles.html

Ritratto di Giovanna Tornabuoni

 

 

Domenico Ghirlandaio, “Ritratto di Giovanna Tornabuoni”,
Madrid, Museo Thyssen-Bornemitza

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ANTONIO GÓMEZ HUESO

GIOVANNA TORNABUONI

La sua serena bellezza non si può paragonare a nulla,
né lei vuole saperlo nella sua eleganza silenziosa.
Divino profilo di sobria dolcezza
con il nobile pallore della luce corporea.
Uno sguardo che contempla lo scorrere dei secoli
e niente può valere tanta bellezza
se non una posa immobile in sua presenza.
Bella nobildonna fiorentina,
io e te, per quanto sembri impossibile,
siamo,
nella magia di questo istante.

martedì 20 marzo 2012

Paesaggio con la caduta di Icaro / 2

 

Pieter Bruegel il Vecchio, “Paesaggio con la caduta di Icaro”
Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique

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WYSTAN HUGH AUDEN

MUSÉE DES BEAUX ARTS

Sulla sofferenza non erano mai in torto,
i Vecchi Maestri: come capivano bene
la sua umana posizione; come essa si svolga
mentre qualcun’altro mangia o apre una finestra o cammina annoiato;
come, mentre i vecchi attendono rispettosi e appassionati
la nascita miracolosa, ci siano sempre
bambini a cui non importa niente che essa avvenga, e pattinano
su uno stagno al limite del bosco;
non dimenticavano mai
che anche il tremendo martirio deve avere il suo corso
in qualche modo in un angolo, in qualche squallido posto
dove i cani continuano a vivere da cani e il cavallo del torturatore
si gratta l’innocente deretano contro un albero.

Nell’Icaro di Bruegel, per esempio: come ogni cosa si volge
del tutto tranquilla dal disastro; il contadino
può avere udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era un problema importante; il sole splendeva
come doveva fare sulle bianche gambe che scompaiono nel verde
dell’acqua; e la nave lussuosa e snella che aveva pur visto
qualcosa di sorprendente, un ragazzo che cade dal cielo,
sapeva dove andare e calma continuava a navigare.

(da “Collected Poems”, 1976)

lunedì 19 marzo 2012

Paesaggio con la caduta di Icaro / 1

 

Pieter Bruegel il Vecchio, “Paesaggio con la caduta di Icaro”
Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique

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WILLIAM CARLOS WILLIAMS

PAESAGGIO CON LA CADUTA DI ICARO

Secondo Brueghel
quando Icaro cadde
era primavera

un contadino arava
il suo campo
tutta la cerimonia

dell’anno era
in cammino formicolando
vicino

alla riva del mare
intenta
solo a sé

sudando nel sole
che fuse
le ali di cera

non lontano
dalla costa
c’era

un tuffo del tutto ignorato
era
Icaro che annegava.

(da “Immagini da Bruegel e altre poesie”, 1962)

domenica 18 marzo 2012

La lattaia

 
 
Johannes Vermeer, “Het melkmeisje”
Amsterdam, Rijksmuseum

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WISŁAWA SZYMBORSKA

VERMEER

Finché quella donna del Rijksmuseum
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo.

(da “Qui”, 2009)