venerdì 27 aprile 2012

Equestrienne

 

equestrienne-1931.jpg!Blog

Marc Chagall, Equestrienne, 1931

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LAWRENCE FERLINGHETTI

N. 14


Non permettere a quel cavallo
di mangiarsi quel violino

urlava la madre di Chagall

Ma lui
continuò lo stesso
a dipingere

E divenne celebre

E continuò a dipingere
Il Cavallo Con Violino In Bocca

E quando finalmente lo terminò
saltò sul cavallo
e galoppò via
agitando il violino

E poi chinandosi appena lo dette
al primo nudo indifeso che incontrò

E senza alcun accordo


(traduzione di Roberto Fedeli)

 

segnalazione di Beatrice Orlandini

lunedì 23 aprile 2012

Le rondini

 

Édouard_Manet_-_Hirondelles

Edouard Manet, Le rondini, 1873
Zurigo, Stiftung Sammlung E. G. Bührle

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ANNA ELISA DE GREGORIO

LE RONDINI DI MANET

Due macchie in contrasto di colore,
nel bianco la ragazza annuvolata
da velature grigie, nel nero schiarito
di antracite l’altra donna. Proprietà
suprema del pennello di assegnare
a ciascuna l’età: la giovinezza è piena
di sé, la vecchia un po’ stanca.

La luce che si muove e definisce
profili in veletta, tese abbassate:
è lei la vivace, la bella che vola,
e con lei due rondini minuscole
che planano a terra, segni di croce
aperti fra il verdegiallo del prato
a svegliare il silenzio del mondo,
al di sotto del cielo, oltre la lentezza
d’arcadia delle mucche e i tetti rosa.
Felicità assordante il loro canto.

Laggiù vicino alle pale di un mulino
quel sognaccio rosso da maestrina
che annulla le nuvole: è un marameo
del pennello stanco di perfezione.

(da Le rondini di Manet, Polistampa, 2010)

mercoledì 18 aprile 2012

Autoritratto –Van Gogh

 

Vincent Van Gogh, Autoritratto, 1889
Londra, Courtauld Institute Galleries

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LUIGI DI RUSCIO

VINCENT VAN GOGH

Il tuo ritratto brulicante di tutti gli umori terreni 
urla ancora ad ogni passaggio d'uomo 
per te riconosciamo dove volano i corvi 
dove il  mietitore castra l'ardente della vita.

 

(da Le streghe s’arrotano le dentiere, 1966)

mercoledì 11 aprile 2012

I coniugi Arnolfini / 2

 

Jan Van Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434
Londra, National Gallery

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MURILO MENDES

IL QUADRO

È vero che Giovanni Arnolfini
non guarda la moglie – forse incinta –
guarda piuttosto lo spettatore
anche lui protagonista / oltre che testimonio.

*

C’è un rumore di macchine a Trafalgar Square
che altera la regola indispensabile
all’esatto svolgimento delle nozze
come lo ha voluto Van Eyck.

*

Il grande copricapo del negoziante
conclude un ordine un sistema
dove apparentemente
« tout n’est qu’ordre et beauté,
luxe, calme et volupté».

*

Il gesto della mano destra benedice il cosmo.
La donna china il viso orientalizzante,
la testa è coperta da un velo in merletto di Malines;
il vestito verde s’atteggia in larghe pieghe.

*

Nello sfondo lo specchio, solita spia fiamminga,
riflette i coniugi e altre due figure;
reca dieci tondini con episodi della Passione.
Il candeliere a sei bracci è nobile:
potrebbe stare in cucina.

*

Le pantofole / il cane / sono pronti ad ubbidire.
La frutta sulla tavola rappresenta
un minimo di natura.

*

Per la finestra aperta entra l’aria di Bruges.
Il gran letto nuziale è vermiglio: l’amore.

*

Le Fiandre raggiungono il vertice del potere economico
scambiano cultura e merci con i mari distanti.

*

La coppia umana esiste ancora,
comanda ancora il sistema:
tutto si regge perché appunto essa si regge.

martedì 10 aprile 2012

I coniugi Arnolfini / 1

 

Jan Van Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434
Londra, National Gallery

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PAUL DURCAN

I CONIUGI ARNOLFINI

Siamo gli Arnolfini.
Non crediate di poter violare
la nostra privacy perché non potete.

Stiamo sull’attenti davanti al ritratto,
il più erotico ritratto mai dipinto,
perché convinti che l’artista

renda giustizia alla pluralità,
fertilità, domesticità, alla nudità dei piedi
di un uomo e una donna che dicono “noi”:

renda giustizia al nostro letto
come l’elemento più necessario del nostro mobilio;
renda giustizia alla nostra vita come riflesso.

Il nostro cervello trabocca sul pavimento
e il terrier ai nostri piedi annusa
le minuzie della nostra grandezza.

La parola più rilassante del nostro lessico è “noi”.
Immagina poter dire “noi”.
La maggioranza non è in grado di dire “noi”.

E tu? Che mangi da solo? Dormi da solo?
E all’alba pedali per andare al lavoro
con un pastore tedesco legato al manubrio?

Ora faremo una pausa per l’Angelus.
Ecco a te dunque:
le due metà della noce di cocco.

giovedì 5 aprile 2012

Le tre Grazie

 

Peter Paul Rubens, Le tre Grazie, 1635
Madrid, Prado

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WISLAWA SZYMBORSKA

LE DONNE DI RUBENS

Ercolesse, fauna femminile,
nude come il fragore di botti.
Fanno il nido in letti calpestati,
nel sonno la bocca si apre al chicchirichì.
Le pupille rovesciate all’indietro
Penetrano dentro le ghiandole da cui i lieviti stillano nel sangue.

Figlie del barocco, l’impasto si gonfia,
vaporano i bagni, s’arrossano i vini,
nel cielo galoppano porcelli di nuvole,
le trombe nitriscono l’allarme carnale.

O cucurbitose, o esorbitanti,
e raddoppiate dal cader dei veli
e triplicate dalla violenza della posa,
grasse pietanze d’amore!

Le loro magre sorelle si alzarono presto,
prima che nel quadro facesse giorno.
E nessuno le vide incamminarsi in fila
dal lato non dipinto della tela.

Esiliate dello stile. Costole contate,
mani e piedi d’uccello.
Provano a volare sulle scapole sporgenti.

Il Duecento gli avrebbe dato un fondo d’oro.
Il Novecento – uno schermo d’argento.
Ma il Seicento non ha nulla per chi è piatto.

Giacché perfino il cielo è convesso
convessi gli angeli e convesso il dio ―
Febo baffuto che su un destriero
sudato irrompe nell’alcova ribollente.

 

(da Sale, 1962)

mercoledì 4 aprile 2012

Uomo con zappa

 

Man-with-a-Hoe-1860-1862

Jean-François Millet, Uomo con zappa, 1862
Los Angeles, Getty Center

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EDWIN MARKHAM

L’UOMO DALLA VANGA

Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio egli lo creò. -- Genesi

Curvo sotto il peso dei secoli s'appoggia
alla sua vanga e guarda fisso il suolo:
nel viso ha il vuoto delle età,
sul dorso il fardello del mondo.
Chi lo uccise alla gioia e alla disperazione,
creatura senza lamento né speranza,
balordo e tardo, affratellato al bove?
Chi sciolse e abbatté quella mascella brutale?
Quale mano ricacciò indietro quella fronte?
Quale fiato spense la luce in quel cervello?

È questa la creatura che Dio fece e volle
che avesse dominio sopra mare e terra,
che ricercasse, avida di potenza, le stelle,
e scrutasse i cieli, e sentisse il palpito dell'eternità?
È questo il sogno sognato da Colui che foggiò i soli
e segnò loro le vie nell'abisso antico?
In tutte le caverne dell'Inferno, sino all'ultima bolgia,
non c'è forma più terribile di questa,
più clamorosa di grida contro la cieca avidità del mondo,
più piena di segni e di portenti per l'anima,
più colma di pericoli per l'universo.

Quali baratri tra i Serafini e lui!
Schiavo alla ruota del lavoro, che cosa mai
sono per lui Platone e il corso delle Pleiadi?
Che cosa le lunghe ascese delle vette del canto,
lo squarciarsi dell'alba, l'incarnarsi della rosa?
Attraverso questa forma angosciosa
guarda la sofferenza dei secoli;
la tragedia del tempo è in quel curvarsi doloroso:
attraverso questa forma angosciosa l'umanità tradita,
derubata, profanata, diseredata,
grida la sua protesta ai poteri che fecero il mondo,
protesta ch'è anche profezia.

O padroni e signori e reggitori di tutte le contrade,
è questa l'opera di vostra mano che voi offrite a Dio,
questa creatura mostruosa, soffocata nell'anima, distorta?
Come raddrizzerete voi mai quella forma,
la toccherete ancora d'immortalità,
le ridarete alto lo sguardo e la luce,
ricreerete in essa la musica e il sogno,
renderete giustizia per le infamie immemorabili,
i perfidi torti, gli immedicabili dolori?
O padroni e signori e reggitori di tutte le contrade,
come farà il futuro i conti con quest'uomo?
Come risponderà alla sua bruta domanda, nell'ora
che turbini di ribellione squasseranno tutte le rive?
Che ne sarà di reami e di re,
di coloro che fecero di lui quello ch'egli è,
quando questo muto terrore s'ergerà a giudicare il mondo
dopo il silenzio dei secoli?

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segnalazione di Beatrice Orlandini

lunedì 2 aprile 2012

Due scimmie incatenate

 

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Pieter Bruegel il Vecchio, Le due scimmie, 1562
Berlino, Gemäldegalerie

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WISLAWA SZYMBORSKA

LE DUE SCIMMIE DI BRUEGEL

Questo di maturanda è il mio gran sogno:
sul davanzale due scimmie incatenate,
fuori svolazza il cielo
e fa il bagno il mare.

In storia dell'uomo
balbetto e arranco.

Una scimmia osserva ironica la scena,
l'altra sembra appisolata -
e quando alla domanda resto ammutolita,
mi suggerisce
col quieto tintinnio della catena.

(da Appello allo Yeti, 1957)

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grazie a Beatrice Orlandini per la segnalazione

domenica 1 aprile 2012

Acque correnti

 

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Gustav Klimt, Acque correnti, 1898
collezione privata

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LAWRENCE FERLINGHETTI

LE ACQUE CORRENTI DI GUSTAV KLIMT

Chi sono allora
le donne in questo dipinto
visto così, tanto tempo fa
Modelle con cui dormiva
o amanti o altre
in cui si imbatté
prendendole com'erano
e allora
le sognò addormentate
su acque correnti
gli occhi spalancati
lo scorrere violetto dei capelli
su corpi di alabastro
in flussi di lavanda
Matassa di capelli scuri spinta indietro
da una faccia scura
un braccio allungato
una bocca mezza aperta
una mano
a coppa sul seno
sognatrici rapite
o realiste pietrificate
immobili alla deriva
sorelle perdute o
donne innamorate
di sé o di altri
pallidi corpi avvolti
nella notte delle donne
lambite dalla luce
in una terra gonfia
di desideri sognati
di delizie sognate
Ancora a noi sconosciute
e tuttavia non più
estranee.