giovedì 5 aprile 2012

Le tre Grazie

 

Peter Paul Rubens, Le tre Grazie, 1635
Madrid, Prado

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WISLAWA SZYMBORSKA

LE DONNE DI RUBENS

Ercolesse, fauna femminile,
nude come il fragore di botti.
Fanno il nido in letti calpestati,
nel sonno la bocca si apre al chicchirichì.
Le pupille rovesciate all’indietro
Penetrano dentro le ghiandole da cui i lieviti stillano nel sangue.

Figlie del barocco, l’impasto si gonfia,
vaporano i bagni, s’arrossano i vini,
nel cielo galoppano porcelli di nuvole,
le trombe nitriscono l’allarme carnale.

O cucurbitose, o esorbitanti,
e raddoppiate dal cader dei veli
e triplicate dalla violenza della posa,
grasse pietanze d’amore!

Le loro magre sorelle si alzarono presto,
prima che nel quadro facesse giorno.
E nessuno le vide incamminarsi in fila
dal lato non dipinto della tela.

Esiliate dello stile. Costole contate,
mani e piedi d’uccello.
Provano a volare sulle scapole sporgenti.

Il Duecento gli avrebbe dato un fondo d’oro.
Il Novecento – uno schermo d’argento.
Ma il Seicento non ha nulla per chi è piatto.

Giacché perfino il cielo è convesso
convessi gli angeli e convesso il dio ―
Febo baffuto che su un destriero
sudato irrompe nell’alcova ribollente.

 

(da Sale, 1962)

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