.
.
MIGUEL DE UNAMUNO
IL CRISTO DI VELÁZQUEZ
III • Anima e corpo
Innamorata del suo corpo la tua anima,
e uni e identici in un nuziale amore,
nel morire la lasciò non come prigione
col sospiro di chi libero resta,
ma come una casa ove si brama
lunga vita per sempre assuefatti
alla felicità. Di radice insondabile
fu l'estremo singulto, la rottura
della carne sconfitta e dello spirito
che carne si fece. Venne poi il silenzio.
E come tutto tacque con intimo silenzio,
tutto rimase in tenebra; luce è musica,
e misero chi crede vedere e non ode! L'anima tua
sopra tenebre fredde giacente,
dall'agonia riposando, rimira
il suo corpo compagno, che ha lasciato
ai bracci della croce, dai chiodi
penzolante, e nel guardarlo s'attrista
d'amore più vivo della vita. Come
senza lui potrà attingere il Sole? La luce
dove accendersi potrà? Dove la mano
dell'eterno Padre appiglio troverà
per afferrarsi? E nell'oscuro sgomento,
non più ricettacolo, di fondersi nelle tenebre
e come vento libero perdersi, ei brama
raccogliersi nella sua cavità - carne ed ossa -,
rimpiange del suo corpo la bellezza,
cercando essa, infinita, limitarsi;
i limiti vuole del suo campo; vuole
dentro la sua cinta avere vita.
Nessun commento:
Posta un commento