mercoledì 9 gennaio 2013

Acquazzone improvviso

 

 

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Hiroshige Utagawa, Acquazzone improvviso sul ponte di Shin-Ohashi e Atake
New York, Brooklyn Museum

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WISLAWA SZYMBORSKA

GENTE SUL PONTE

Strano pianeta e strana la gente che lo abita.
Sottostanno al tempo, ma non vogliono accettano.
Hanno modi per esprimere la loro protesta.
Fanno quadretti, ad esempio questo:

A un primo sguardo nulla di particolare.
Si vede uno specchio d’acqua.
Si vede una delle sue sponde.
Si vede una barchetta che s’affatica.
Si vede un ponte sull’acqua e gente sul ponte.
La gente affretta visibilmente il passo
perché da una nuvola scura la pioggia
ha appena iniziato a scrosciare.

Il fatto è che poi non accade nulla.
La nuvola non muta colore né forma.
La pioggia né aumenta né smette.
La barchetta naviga immobile.
La gente sul ponte corre
proprio là dov’era un attimo prima.

È difficile esimersi qui da un commento:
Il quadretto non è affatto innocente.
Qui il tempo è stato fermato.
Non si è più tenuto conto delle sue leggi.
Lo si è privato di influenza sul corso degli eventi.
Lo si è ignorato e offeso.

A causa d’un ribelle
un tal Hiroshige Utagawa
(un essere che del resto
da molto, come è giusto, è scomparso)
il tempo è inciampato e caduto.

Forse non è che una burla innocua,
uno scherzo della portata di solo qualche galassia,
tuttavia a ogni buon conto
aggiungiamo quanto segue:

Qui è bon ton
apprezzare molto questo quadretto,
ammirarlo e commuoversene da generazioni.
Per alcuni anche ciò non basta.

Sentono perfino il fruscio della Pioggia,
sentono il freddo delle gocce sul collo e sul dorso,
guardano il ponte e la gente
come se là vedessero se stessi,
in quella stessa corsa che non finisce mai
per una strada senza fine, sempre da percorrere,
e credono nella loro arroganza
che sia davvero così.

 

(da Gente sul ponte, 1986)

venerdì 4 gennaio 2013

Notturno salentino

 

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Vincenzo Ciardo, Notturno salentino, 1961
Collezione privata

 

 

VITTORIO PAGANO

PER UN PAESAGGIO DI CIARDO

Leuca d’un’ansia (o un’ala) si contiene
fremida al bordo sonnacchioso – e i morti,
nel corvo sbatacchiato, sono morti
ieri?... Vedrai blandirli le Sirene.

O gli olivi. Ed allora, azzurre vene
scoppiano, roccia e mare, e lampi assorti
le confidano all’ocra, ove tu porti
voglie d’estasi antiche (cantilene…)

– antiche. Oh Leuca! Nel riquadro l’oro
si scialba, e solo un cuore fa cornice
alla tela di sonno che ti finge…
E abbiamo noi, rigurgito canoro,
le Sirene negli occhi – èsca felice
ai morti, al sogno d’una nostra Sfinge.